Come dimensioni ricorda la nostra Terra. La sua massa però è 2,6 volte più grande, suggerendo un nucleo ferroso decisamente più grande. Questo lo fa assomigliare a Mercurio. Il suo nome è K2-229b, e la sua carta di identità è estremamente curiosa: ha un periodo orbitale inferiore al giorno (un anno dura meno di un giorno!) e la sua temperatura superficiale è di poco superiore ai duemila gradi Celsius (le macchie solari arrivano a circa 3000-4000 gradi per confronto).
Lo studio di K2-229b può aiutarci a capire la formazione e l’evoluzione dei pianeti rocciosi, non solo nel Sistema solare, ma anche in altri luoghi dell’universo.
Per la prima volta è stata evidenziata una differenza significativa fra la composizione chimica del pianeta e quella della sua stella e da quest’ultima si sarebbe potuti ipotizzare una struttura interna del pianeta diversa, analoga a quella della Terra, non a quella di Mercurio. Molte le ipotesi avanzate per spiegare questa anomalia, anche se al momento rimangono appunto ipotesi.
Il sistema planetario K2-229 è formato da tre pianeti, e K2-229b è il più interno con un raggio pari a 1,16 volte quello del nostro pianeta (misure compiute con il telescopio spaziale Kepler) e ha un nucleo ferroso molto grande, che dovrebbe contenere circa il 70 per cento della massa del pianeta (da misure di velocità radiale con HARPS).
L’ipotesi più probabile avanzata dagli scienziati per spiegare la struttura di K2-229b è che gli strati esterni del pianeta siano stati strappati via da un impatto gigantesco, in analogia a quanto si ritiene sia avvenuto alcuni miliardi di anni fa per Mercurio. In alternativa a questo possibile scenario, la struttura interna di K2-229b si potrebbe spiegare ipotizzando la sua formazione in una zona interna del disco protoplanetario con una bassa concentrazione di silicati oppure con l’evaporazione del suo mantello di silicati prodotta dal forte irraggiamento da parte della stella dovuto alla estrema vicinanza del pianeta.
Con la missione PLATO dell’ESA-Agenzia Spaziale Europea in programma nel 2024 sarà possibile studiare pianeti come K2-229b e carpire i meccanismi di formazione e migrazione planetarie collocando il nostro Sistema Solare in un più ampio contesto globale.
La ricerca è stata compiuta da Alexandre Santerne del LAM- Laboratorio di Astrofisica di Marsiglia e del quale fanno parte Francesca Faedi e Aldo Bonomo, dell’INAF-Istituto Nazionale di Astrofisica grazie alle osservazioni combinate della missione spaziale Kepler-2 della NASA e dello spettrografo HRPS installato al telescopio da 3,6 metri dell’ESO a La Silla, in Cile.
Aldo Bonomo e Francesca Faedi collaborano al programma italiano GAPS -Global Architecture of Planetary Systems che studia in dettaglio i pianeti extrasolari sfruttando le capacità uniche dello spettrografo HARPS-N montato al Telescopio Nazionale Galileo dell’INAF alle Isole Canarie (Spagna) e alla preparazione scientifica della missione PLATO dell’Agenzia Spaziale Europea, dedicata alla ricerca di esopianeti, finanziata in Italia dall’Agenzia Spaziale Italiana.
Articolo: A. Santerne et al., An Earth-sized exoplanet with a Mercury-like composition https://www.nature.com/articles/s41550-018-0420-5
Per ulteriori informazioni: INAF-Una Super-Terra con un super nucleo