Strumentazione all’avanguardia e tempi di osservazioni sono due ingredienti importanti nello studio dei sistemi planetari.
Il primo aspetto, quello strumentale, nel nostro caso ci viene dato da HARPS-N, lo spettrografo di alta risoluzione montato al Telescopio Nazionale Galileo. L’altro aspetto, il tempo che i ricercatori hanno a disposizione, è da tenere in considerazione dato che la maggior parte dei fenomeni celesti avviene in tempi estremamente lunghi, se comparati alla nostra quotidianità. Quello che si può ottenere in poche notti di osservazione in molti casi equivale allo scattare una fotografia di un gruppo di persone e a dovere, da quell’unica istantanea, evincere il corso della vita di ciascuno, l’età, l’attitudine, i legami affettivi e molto altro. Compito difficile, di sicuro. Così anche l’evoluzione di un sistema planetario dipende da molti fattori, e i parametri che caratterizzano l’orbita dei pianeti non sono deducibili da poche osservazioni. L’ideale sarebbe poter seguire quel dato sistema nel tempo raccogliendo un sempre maggiore numero d’informazioni.
Questo è stato possibile per il sistema planetario KELT-6, un sistema giù noto per ospitare il pianeta transitante del tipo “Saturno caldo” (Hot Saturn), denominato KELT-6b, molto caldo e molto vicino alla sua stella, attorno a cui orbita in soli 7,8 giorni. Il gruppo GAPS ha indagato ulteriormente il sistema analizzando i dati raccolti in passato da altre team di ricerca con altri strumenti e quelli più recenti ottenuti con HARPS-N e Tillinghast Reflectior Echelle Spectrograph (TRES- USA) arrivando a comprovare l’esistenza di un secondo pianeta, KELT6-c, con periodo orbitale di ben 3 anni e mezzo, massiccio, con una massa di almeno 3,71 masse gioviane.
Non solo. Il gruppo di ricerca GAPS è andato a fondo anche sul pianeta già noto, KELT6-b, di cui si è misurato l’effetto Rossiter-McLaughlin (R-M) che aiuta a descrivere la geometria dell’orbita del pianeta che transita davanti alla stella. E’ stato possibile fare considerazioni sulla sua evoluzione dinamica e sulla sua stabilità. I suoi elementi orbitali rappresentano gli ingredienti giusti per applicare la ricetta descritta dal meccanismo di migrazione co-planare di alta eccentricità. Questa teoria avvalora l’idea che gli hot Jupiter (o hot Saturn come nel nostro caso) si siano formati attraverso interazioni gravitazionali di lungo periodo con un pianeta più esterno, di grande massa, su un’orbita iniziale estremamente eccentrica che si è andata circolarizzando nel corso del tempo per effetto mareale con la stella ospite al periastro.
Per ulteriori informazioni: Media INAF- Questione di tempismo