SPHERE, il nuovo occhio per la caccia agli esopianeti

Ottenere delle immagini dirette dei pianeti orbitanti attorno a stelle diverse dal nostro Sole è uno degli obiettivi principali dell’Astrofisica, in particolare nello studio dei pianeti extrasolari.

Quasi tutti gli esopianeti conosciuti sono stati individuati con metodi indiretti, misurando cioè gli effetti che la loro presenza ha sulla luminosità e sul moto delle stelle ospiti.

Riuscire invece a catturare l’immagine vera e propria di un pianeta attorno a una stella è come catturare l’immagine di un moscerino di passaggio vicino a un potente faro posto a diversi chilometri di distanza. Il primo passo da compiere per fare ciò è riuscire a eliminare dall’immagine la luce accecante del faro, ossia della stella; il secondo è ottenere un contrasto così alto da riuscire a rilevare il moscerino, ossia il pianeta.

Con SPHERE-Spectro-Polarimetric High-contrast Exoplanet Research la rilevazione del pianeta è diretta (per questo motivo si parla di “direct imaging”) perché viene raccolta la luce proveniente dal pianeta e risolta da quella della sua stella.

Lo strumento SPHERE montato al VLT-Very Large Telescope. Crediti: ESO.

Lo strumento SPHERE (sulla destra) montato al VLT-Very Large Telescope. Crediti: ESO.

SPHERE, installato presso il Very Large Telescope (VLT) dell’ESO all’Osservatorio del Paranal in Cile, è uno strumento altamente complesso che combina tre tecniche all’avanguardia e molto sofisticate. La prima di queste tecniche è l’ottica adattiva. Si tratta di una procedura complessa volta a correggere gli effetti di distorsione dell’atmosfera terrestre e dello strumento stesso, al fin di produrre immagini nitide dell’esopianeta e con miglior contrasto. Il secondo processo utilizzato è la coronografia, impiegata per sopprimere la luce della stella in modo da far emergere ciò che si trova nelle sue immediate vicinanze.  L’uso dei coronografi è fondamentale per diminuire la luce della stella ed evidenziare la presenza del pianeta. Tuttavia entrambe queste tecniche non sono completamente esenti da imperfezioni. Infatti, una piccola frazione della luce stellare viene diffusa nelle regioni in cui viene fatta la ricerca planetaria. Una parte di questa luce si presenta sotto forma di “bolle” luminose in movimento che possono essere confuse con segnali di eventuali pianeti. Per risolvere questo problema, SPHERE sfrutta due strumenti, IFS e IRDIS, il cui obiettivo principale è diminuire la possibilità di confondere tali artefatti con i segnali provenienti da eventuali pianeti.

Il primo di questi è lo spettrografo italiano IFS-Integral Field Spectrograph, sviluppato dall’INAF, in particolare dall’Osservatorio Astronomico di Padova. Tale strumento consente di migliorare il contrasto dell’immagine raccolta permettendo di distinguere il pianeta da eventuali artefatti. Per fare ciò, IFS raccogliere immagini a diverse lunghezze d’onda (da circa 1 mm a 1.6 mm), in quanto al variare della lunghezza d’onda si nota come il segnale proveniente dagli artefatti cambi mentre quello del pianeta no. In questo modo si posso distinguere i tipi di segnali andando a rimuovere l’elemento di disturbo.

IFS può lavorare in parallelo con lo strumento francese IRDIS-Infra-Red Dual-beam Imager and Spectrograph. Diversamente da IFS, che raccoglie spettri a diverse lunghezze d’onda, IRDIS raccoglie informazioni solo in due bande spettrali: una, in cui i pianeti con atmosfere ricche di metano sono “relativamente più brillanti”, l’altra, in cui la loro luce è assorbita. Tale strumento permette di rilevare pianeti con una migliore sensibilità per quelli che presentano atmosfere ricche di metano su un campo molto ampio, al contrario IFS rileva pianeti con caratteristiche spettrali più generiche e su un campo di vista più ristretto.

Un’ulteriore tecnica utilizzata da SPHERE è nota come polarimetria differenziale che sfrutta le differenze tra “la luce” del pianeta e quella della stella in termini di polarizzazione e colore. Lo strumento volto a quest’analisi è il polarimetro ZIMPOL. Diversamente da IFS e IRDIS, ZIMPOL lavora singolarmente nella banda ottica e sfrutta la polarizzazione della luce per identificare pianeti vicini alla loro stella. Infatti, nella banda ottica i pianeti brillano di luce riflessa della stella. A differenza della luce stellare che non è polarizzata, quella riflessa dal pianeta ha un certo grado di polarizzazione e questo consente a ZIMPOL di poter individuare direttamente il pianeta. Attualmente, i casi in cui ZIMPOL è in grado di osservare direttamente un pianeta sono pochi, in quanto il pianeta deve trovarsi sufficientemente vicino alla stella da poter riflettere la luce della stella, ma allo stesso tempo è necessario che sia sufficientemente lontano per poter essere individuato. ZIMPOL rappresenta un ottimo esperimento in vista della nuova strumentazione attualmente in via di progettazione per i futuri telescopi giganti come ELT.

Dal 2014 a oggi, da quando cioè SPHERE ha iniziato a produrre immagini, si sono ottenuti grandi risultati. Mediante l’uso combinato dei due sotto-strumenti IFS e IRDIS, SPHERE ha aperto nuovi orizzonti nello studio delle nane brune e dei pianeti extrasolari giganti, grazie alle capacità di realizzare immagini ad alto contrasto nelle lunghezze d’onda dell’ottico e del vicino infrarosso, e alla spettroscopia a bassa dispersione.

Un primo interessante risultato riguarda il sistema planetario HR8799, distante dalla Terra circa 130 anni luce. È un sistema formato da una stella giovane di sequenza principale e da quattro pianeti giganti gassosi massicci che gli orbitano attorno. I primi tre pianeti che costituiscono tale sistema sono stati scoperti nel 2008, utilizzando per la prima volta la tecnica dell’osservazione diretta. Il quarto pianeta, distante 50 volte la distanza Terra-Sole, è stato scoperto successivamente, tra il 2009 e il 2010, grazie a osservazioni nella banda infrarossa. Oltre ai quattro pianeti giganti, il sistema HR 8799 è caratterizzato da due fasce di asteroidi, una più interna e una più esterna ai pianeti, e ciò renderebbe questo sistema in qualche modo simile al nostro Sistema Solare. Inoltre, osservazioni compiute in diverse bande dello spettro hanno consentito di caratterizzare le loro atmosfere.

In questa immagine sono rappresentati i 4 pianeti attorno alla stella HR8799, in diversi filtri di IRDIS, J, H2, H3, H, K1, K2. La luce della stella, nascosta dietro al coronografo al centro delle immagini, è stata attenuata grazie ad un Angular Differential Imaging (ADI) post-proccesing ottenuto con la tecnica della Principal Component Analysis (PCA).

In questa immagine sono rappresentati i 4 pianeti attorno alla stella HR8799, in diversi filtri di IRDIS, J, H2, H3, H, K1, K2. La luce della stella, nascosta dietro al coronografo al centro delle immagini, è stata attenuata grazie ad un Angular Differential Imaging (ADI) post-proccesing ottenuto con la tecnica della Principal Component Analysis (PCA). Crediti: MediaInaf

Tutto ciò rende tale sistema planetario un laboratorio perfetto e unico per studiare la chimica e la fisica delle atmosfere planetarie, inoltre, permette di testare le teorie sulla formazione planetaria, di indagare le architetture dei vari sistemi planetari ed eseguire studi di esoplanetologia comparativa.

RX J1615 osservata con VLT-Very Large Telescope dell'ESO. Crediti: ESO

RX J1615.3-3255 osservata con VLT-Very Large Telescope dell’ESO. Crediti: ESO

SPHERE ha permesso, per la prima volta, di raccogliere immagini dettagliate di strutture di gas e polveri attorno a stelle giovani, dove si stanno formando pianeti. Un esempio di queste strutture è dato da RXJ1615.3-3255, una giovane stella a circa 600 anni luce dalla Terra, che ha mostrato un complesso sistema di anelli concentrici attorno alla stella centrale. Strutture come queste sono state individuate solo in poche altre stelle: queste strutture mostrano l’inequivocabile segno di pianeti in formazione.

Un altro esempio di pianeti in formazione è fornito dalla giovane stella HD135344B, distante circa 450 anni luce dalla Terra. In questo sistema è stato osservato un disco asimmetrico. In particolare, la struttura a spirale del disco e il grande vuoto centrale, si pensa siano dovuti alla presenza di uno o più proto-pianeti massicci in formazione, cioè destinati a diventare giganti simili a Giove.

Infine attorno alla stella HIP65426 SPHERE ha scoperto il suo primo pianeta. Si tratta di un gioviano caldo e polveroso che orbita a circa 92 UA dalla sua stella, una distanza che è pari a circa tre volte la distanza Sole-Nettuno. La sua massa si aggira dalle 6 alle 12 masse gioviane con un intervallo di temperatura dai 1000 ai 1400 gradi Celsius. Dall’analisi spettrale nel vicino infrarosso si evincono anche la presenza di acqua e di nubi nella sua atmosfera. Tali caratteristiche non sono rare tra gli ancora pochissimi pianeti la cui immagine diretta sia stata finora catturata. Un primo punto da risolvere però è che, diversamente da altri pianeti osservati sempre direttamente e con età simili, la stella attorno alla quale esso ruota, massiccia due volte il Sole, non appare circondata da un disco significativo di detriti. Questo aggiunto al fatto che essa è in rapidissima rotazione pone domande interessanti sull’origine stesa di HIP65426b. Ci si chiede, infatti, se il pianeta si sia formato da un disco di polveri e detriti che è poi scomparso perché spazzato via da altri pianeti del sistema, o se si sia invece formato come un sistema binario estremo da una nube molecolare così come si formano le stelle? Tutto ciò va ancora molto discusso tra i ricercatori ma sicuramente il sistema HIP65426 ha messo sul piatto nuovi indizi da seguire per le teorie di formazione ed evoluzione dei giovani esopianeti giganti.

L’immagine di scoperta del pianeta attorno alla stella HIP 65426 ottenuta con lo strumento SPHERE al VLT. La croce al centro (A) mostra la posizione della stella centrale, oscurata dal coronografo. Il cerchio vicino alla stella rappresenta le dimensioni dell’orbita di Nettuno alla distanza della stella. Il pianeta HIP 65426b orbita ad una distanza di circa tre volte la separazione tra il Sole e Nettuno.

 

La ricerca di possibili scenari abitabili è una delle frontiere dell’Astrofisica moderna. Con le attuali e le future tecnologie potremmo anche trovare una risposta ad una delle più grandi domande dell’astronomia di tutti i tempi: siamo soli nell’universo?