La migrazione violenta dei giganti caldi

Rappresentazione artistica di un gioviano caldo. Crediti: NASA/ESA

Rappresentazione artistica di un gioviano caldo. Crediti: NASA/ESA

Un lavoro durato oltre due anni e che fornisce il più grande campione di sistemi in transito con parametri orbitali e fisici determinati in modo omogeneo. Un team di ricercatori del programma osservativo GAPS porta a casa un risultato importante sulla migrazione dei giganti gassosi.

Duecentotrentuno pianeti giganti gassosi in transito: è il più grande campione di oggetti transitanti con parametri orbitali e fisici determinati in modo omogeneo in oltre due anni di lavoro da un gruppo di astronomi del programma osservativo GAPS  Global Architecture of Planetary Systems – coordinati da Aldo Bonomo dell’INAFOsservatorio Astrofisico di Torino. Per 45 dei 231 sistemi planetari che orbitano attorno alle stelle più brillanti del campione, il team GAPS ha ottenuto quasi 800 nuove misure di velocità radiale di alta precisione con HARPS-N (High Accuracy Radial Velocity Planet Searcher for the Northern hemisphere), il potente cacciatore di pianeti extrasolari montato al Telescopio Nazionale Galileo (TNG), con un duplice scopo: migliorare la misura dei parametri orbitali e fisici dei pianeti giganti già noti e cercare nuovi pianeti a maggiori distanze orbitali. E ciò al fine di capire meglio la formazione e la migrazione dei pianeti giganti.

Uno degli argomenti più discussi riguarda il modo in cui i pianeti gioviani caldi (hot Jupiters), che si trovano a distanze di qualche centesimo della distanza Terra-Sole dalle loro stelle e hanno pertanto temperature superiori ai 1000° C, sono arrivati dove li osserviamo oggi. “Questi pianeti devono essersi formati molto più lontano dalla stella, probabilmente oltre la snowline, cioè la linea di condensazione dell’acqua nel disco proto-planetario dove c’era molta più abbondanza di materiale solido per formare i nuclei di questi pianeti e, successivamente, sono migrati verso la stella madre” racconta Aldo Bonomo, primo autore di questo studio accettato per pubblicazione sulla rivista Astronomy & Astrophysics.

Si pensa che due siano i meccanismi di migrazione più importanti: il primo prevede una migrazione “tranquilla” nel disco che avviene per interazione tra il pianeta e il disco proto-planetario e al termine della quale il pianeta potrebbe giungere fino a distanze molto prossime alla stella su un’orbita circolare o con eccentricità molto piccola; il disco tende infatti a smorzare qualunque eccentricità elevata. Il secondo meccanismo, definito migrazione ad alta eccentricità (High Eccentricity Migration, HEM), è invece un tipo di migrazione “violenta”: dopo la dissipazione del disco proto-planetario, fra i pianeti giganti che si sono formati avrebbero luogo delle interazioni gravitazionali per le quali il pianeta più interno sopravvissuto ad esse verrebbe a trovarsi su un’orbita molto eccentrica. Tale pianeta migra in seguito verso la stella per dissipazione di energia orbitale dovuta ad effetti mareali al periastro, ovvero alla distanza minima dalla stella lungo la sua orbita eccentrica. Tale dissipazione mareale porta anche ad una progressiva circolarizzazione dell’orbita eccentrica (ovvero l’orbita da ellittica tende a diventare circolare).

“In questo studio mettiamo in evidenza come, per questo campione di giganti gassosi che non hanno altri pianeti vicini, il meccanismo di migrazione violenta per alta eccentricità sembra essere dominante” ci spiega Aldo Bonomo. “Tuttavia, alcuni pianeti giganti caldi sono verosimilmente migrati anche per interazioni con il disco”.

Il diagramma mostra l’andamento dell’eccentricità in funzione del periodo orbitale per i pianeti del campione studiato con eccentricità ben determinate. Crediti: A. Bonomo et al.

Il diagramma mostra l’andamento dell’eccentricità in funzione del periodo orbitale per i pianeti del campione studiato con eccentricità ben determinate. Crediti: A. Bonomo et al.

La figura qui sopra mostra come varia l’eccentricità in funzione del periodo orbitale per il sottocampione dei 231 pianeti avente l’eccentricità ben determinata: i triangoli neri, i cerchi arancioni e i quadrati blu indicano rispettivamente i pianeti con orbite circolari (eccentricità e=0), orbite leggermente eccentriche (0<e<0.1) ed eccentricità elevate (e>0.1). “Questo diagramma mostra proprio l’effetto che ci aspettiamo dalla migrazione ad alta eccentricità. Infatti, i pianeti più vicini alle loro stelle, ovvero con periodi orbitali più brevi (per la terza legge di Keplero), hanno orbite circolari o piccole eccentricità perché gli effetti mareali sono più forti al diminuire della distanza pianeta-stella. I pianeti più lontani e dunque con periodi orbitali più lunghi mantengono invece un’orbita notevolmente eccentrica che la migrazione nel disco non può spiegare.”

In un lavoro recente in fase di pubblicazione e guidato da Massimiliano Esposito dell’INAF-Osservatorio Astronomico di Capodimonte [1], il team GAPS ha mostrato che la migrazione violenta HEM può portare anche a disallineamenti dell’orbita planetaria rispetto al piano equatoriale della stella, ma “interazioni mareali stella-pianeta possono successivamente riallineare l’orbita, in modo simile a quanto avviene con la circolarizzazione di orbite eccentriche, anche se con tempi scala diversi” afferma Massimiliano Esposito.

L’analisi omogenea dei 231 sistemi in transito mette in luce anche un altro risultato interessante, ovvero l’assenza di pianeti massivi (con masse all’incirca maggiori di 3 masse gioviane) su orbite circolari e prossime alla stella. “Una delle spiegazioni plausibili per tale assenza è che questi pianeti, in virtù della loro massa, abbiano generato delle maree sulla stella di intensità così grande che, per scambio di momento angolare, potrebbero essere stati ingoiati dalla stella” racconta Aldo Bonomo. “In altre parole, pianeti così massivi potrebbero essere esistiti ma ora non li vediamo più”.

Numerose restano le questioni aperte, ad esempio qual è la frazione di pianeti giganti che, migrando verso la stella, finiscono per esserne fagocitati; qual è il meccanismo dominante nel produrre HEM (planet-planet scattering, perturbazioni di tipo Kozai-Lidov, caos secolare, ecc.); o ancora, qual è l’effetto della migrazione dei giganti gassosi sulla presenza di pianeti terrestri nella zona di abitabilità della stella. Simulazioni dinamiche mostrano infatti che la migrazione violenta HEM ha conseguenze deleterie per l’esistenza di pianeti rocciosi potenzialmente abitabili, rimuovendo il materiale roccioso necessario per la loro formazione oppure spingendo tali pianeti a collidere con la stella o, al contrario, fuori dal sistema planetario.

Per dare risposta a queste domande fondamentali il team GAPS ha realizzato lo strumento GIARPS al TNG, ottimizzato per la ricerca e caratterizzazione di pianeti attorno a stelle giovani. Nuovi e intriganti risultati sulla formazione e migrazione planetaria ci attendono nel prossimo futuro!

 

Leggi su ArXiV l’articolo: A. S. Bonomo et al., The GAPS Programme with HARPS-N@TNG. XIV. Investigating giant planet migration history via improved eccentricity and mass determination for 231 transiting planets.

[1] Massimiliano Esposito et al., The GAPS Programme with HARPS-N at TNG. XIII. The orbital obliquity of three close-in massive planets hosted by dwarf K-type stars: WASP-43, HAT-P-20 and Qatar-2, Astronomy & Astrophysics.

Pubblicato su Media INAF: La migrazione violenta dei giganti caldi